Presunzione di condominialità: come applicarla per cortili e portici

Appurare, caso per caso, se tali beni siano necessari all’uso comune e mantengano la loro destinazione funzionale di dare aria e luce alle unità immobiliari dell’edificio

Presunzione di condominialità: come applicarla per cortili e portici

La presunzione di condominialità prevista dal Codice Civile per cortili e portici opera solo quando tali beni siano necessari all’uso comune e mantengano la loro destinazione funzionale di dare aria e luce alle unità immobiliari dell’edificio. Di conseguenza, quando un’area originariamente destinata a cortile o portico venga stabilmente chiusa e trasformata in autorimessa o locale commerciale, perdendo così la sua funzione principale di servizio comune, essa non rientra più nell’ambito di applicazione della presunzione di condominialità, rimanendo di proprietà esclusiva senza necessità di espressa riserva nel titolo costitutivo del condominio.
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (sentenza numero 15340 del 9 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto in un palazzo in provincia di Bologna.
Il problema da affrontare si risolve, precisano i magistrati, in due distinte operazioni di ordine logico: la prima consistente nella identificazione delle caratteristiche strutturali e funzionali dei beni in contesa (se, appunto, necessari all’uso comune o destinati oggettivamente al servizio esclusivo di una unità immobiliare), la seconda concretantesi nell’attribuzione della qualificazione giuridica della relazione dominicale.
Innanzitutto, la porzione immobiliare oggetto di contenzioso non può essere qualificata come cortile o porticato, giacché essa fu completamente chiusa mediante edificazione di una tettoia sin dall’anno 1927, su iniziativa dell’allora proprietario dell’intero stabile, con conseguente destinazione ad autorimessa a decorrere, quanto meno, dall’anno 1946. Tale destinazione ad autorimessa è stata poi confermata dalla concessione in godimento a terzi, in forza di contratti regolarmente stipulati nel 1946. Logico, quindi, escludere tale bene rientrasse dall’ambito operativo della regola presuntiva di attribuzione della condominialità, prevista dal Codice Civile.
In generale, comunque, i beni destinati ad autorimesse e i locali commerciali, anche se situati nel perimetro dell’edificio condominiale, non sono inclusi fra le parti comuni elencate dal Codice Civile. La destinazione di un’area compresa tra i corpi di fabbrica per il ricovero e la custodia di autoveicoli e degli impianti accessori, per di più, come accertato in questo caso, chiusa mediante edificazione di una tettoia, priva tale area della diversa destinazione principale e prevalente, tipica del cortile, di dare aria e luce ai vari appartamenti dell’edificio, rendendola, al più, meramente secondaria, accessoria e sussidiaria.
A questo punto, l’atto costitutivo del condominio non ha più alcuna rilevanza come eventuale titolo contrario, in quanto manca il presupposto di fatto per l’applicazione di tale norma di diritto.
Per maggiore chiarezza, infine, i giudici osservano che il vincolo di comunione, derogabile dall’autonomia privata mediante titolo contrario in fase di costituzione, ed altrimenti, una volta sorto, garantito dalla tendenziale indivisibilità prevista dal Codice Civile, riguarda beni, quali quelli esemplificativamente elencati dal Codice Civile, costruiti prima della nascita del condominio e formanti oggetto di un originario unico diritto dominicale. Finché perdura la condizione della proprietà indivisa dell’edificio, il suo assetto può essere liberamente precostituito o modificato dal titolare anche in vista delle future vendite delle singole unità immobiliari. In questa fase di dominio individuale, fino, quindi, al momento del primo frazionamento dell’unico fabbricato, le facoltà dominicali di godimento e disposizione non conoscono limitazioni particolari, se non quelle generalmente imposte dalla relazione di prossimità con i fondi finitimi o contigui di proprietà altrui. Il proprietario originario può così porre le diverse porzioni dell’edificio in situazioni oggettive di subordinazione o di servizio, che integrerebbero il contenuto proprio di altrettante servitù, la cui configurabilità giuridica resta però preclusa per effetto del principio nemini res sua servii. Pertanto, all’acquisto del diritto singolo di proprietà, cui si riconosce di solito l’effetto costitutivo del condominio, preesiste la destinazione delle cose impressa a sua volontà dall’unico iniziale titolare.

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