Il datore di lavoro deve trovare soluzioni tali da consentire al dipendente di stare vicino al figlio disabile

Chiarimento importante alla luce della vicenda vissuta da una operatrice di stazione, la quale ha chiesto a più riprese, ma inutilmente, al suo datore di lavoro di essere assegnata a un posto di lavoro a orario fisso, sottolineando la necessità di occuparsi di suo figlio, affetto da una grave disabilità e da un’invalidità totale

Il datore di lavoro deve trovare soluzioni tali da consentire al dipendente di stare vicino al figlio disabile

Le condizioni di impiego e di lavoro devono essere adattate per consentire a tali genitori di occuparsi dei figli, e ciò senza rischiare di subire una discriminazione indiretta.
Questo il principio fissato dai giudici europei (sentenza dell’11 settembre 2025 della Corte di giustizia dell’Unione Europea), chiamati a prendere in esame il delicato contenzioso sorto in Italia.
Nello specifico, un’operatrice di stazione ha chiesto a più riprese al suo datore di lavoro di essere assegnata a un posto di lavoro a orario fisso. La sua domanda si fondava sulla necessità di occuparsi di suo figlio, affetto da una grave disabilità e da un’invalidità totale.
Il datore di lavoro le ha accordato, a titolo provvisorio, taluni accomodamenti, ma si è tuttavia rifiutato di rendere permanenti tali accomodamenti.
Lo scontro tra azienda e lavoratrice, che ha ovviamente impugnato il rifiuto del datore di lavoro, è arrivato fino in Cassazione, e i magistrati italiani hanno chiesto lumi ai giudici europei in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione Europea in materia di tutela contro la discriminazione indiretta di un lavoratore che si occupa di suo figlio minore gravemente disabile, pur non essendo disabile egli stesso.
Secca la risposta dei giudici europei: il divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, ai sensi della direttiva quadro sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, si estende anche a un lavoratore che ne è vittima a causa dell’assistenza che fornisce a suo figlio, affetto da disabilità.
Tale direttiva mira a vietare la discriminazione diretta per associazione fondata sull’handicap, ma mira anche a combattere ogni forma di discriminazione fondata sull’handicap. Difatti, le disposizioni di tale direttiva devono essere lette alla luce del principio di non discriminazione, del rispetto dei diritti dei minori e del diritto all’integrazione delle persone disabili, previsti dalla ‘Carta dei diritti fondamentali’ dell’Unione Europea, in combinato disposto con le disposizioni della ‘Convenzione sui diritti delle persone con disabilità’ delle Nazioni Unite. Da tali atti risulta che, per salvaguardare i diritti delle persone disabili, in particolare se si tratta di minori, il principio generale di non discriminazione riguarda la discriminazione indiretta per associazione fondata sull’handicap affinché la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro sia garantita anche ai loro genitori, e questi ultimi non subiscano un trattamento sfavorevole sul loro posto di lavoro a causa della situazione dei loro figli.
Per i giudici europei, quindi, per garantire l’uguaglianza tra i lavoratori, il datore di lavoro è tenuto ad adottare soluzioni ragionevoli idonee a consentire ai dipendenti di fornire l’assistenza necessaria ai loro figli disabili, con il limite del carattere sproporzionato che tale onere potrebbe comportare per il datore di lavoro.

News più recenti

Mostra di più...