Contratto assicurativo: è pratica commerciale scorretta l’inserimento di clausole nulle relative alla prescrizione

Decisiva anche la mancanza di adeguata informazione sulla invalidità delle clausole e sui termini di prescrizione effettivamente applicabili

Contratto assicurativo: è pratica commerciale scorretta l’inserimento di clausole nulle relative alla prescrizione

In materia di contratti di assicurazione sulla vita predisposti unilateralmente dall’assicuratore, l’inserimento di clausole nulle relative alla prescrizione, non accompagnate da adeguata informazione sulla loro invalidità e sui termini di prescrizione effettivamente applicabili, costituisce violazione degli obblighi di buonafede e correttezza contrattuale nonché pratica commerciale scorretta, idonea a ingenerare ragionevole affidamento nel contraente e a determinare responsabilità risarcitoria dell’assicuratore.
Questi i paletti fissati dai giudici (ordinanza numero 14029 del 26 maggio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad una assicurazione sulla vita.
Riflettori puntati, in particolare, sulla mancanza addebitata alla compagnia assicurativa, ossia il non avere comunicato né al contraente né ai suoi eredi che il termine di prescrizione del diritto alla liquidazione del valore della polizza vita è, nello specifico, di due anni dal decesso dello stipulante, e non già di dieci anni come previsto in origine dalla nota informativa della polizza assicurativa.
Ampliando l’orizzonte oltre la specifica vicenda, per i giudici l’obbligo di buonafede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale, il quale impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio. Così, nell’adempimento del contratto, in particolare, il debitore è sempre e comunque tenuto, a prescindere dal tenore delle clausole contrattuali, ad improntare la propria condotta al rispetto di tale obbligo. E si è al riguardo precisato che la buonafede o correttezza oggettiva costituisce: regola di comportamento che trova applicazione anche a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità; regola di interpretazione del contratto; criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo invero fonte di integrazione del comportamento dovuto, là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici.
Trattandosi di rapporto di fonte contrattuale, l’impegno imposto dall’obbligo di buonafede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti, dovendo valutarsi alla stregua della causa concreta del contratto. La diligenza designa invece la misura dello sforzo diligente dovuto nell’adempimento dell’obbligazione.
Atteso che la diligenza (che si specifica nei profili della cura, della cautela, della perizia e della legalità, la perizia in particolare sostanziandosi nell’impiego delle abilità e delle appropriate nozioni tecniche peculiari dell’attività esercitata, con l’uso degli strumenti normalmente adeguati, ossia con l’uso degli strumenti comunemente impiegati, in relazione all’assunta obbligazione, nel tipo di attività professionale o imprenditoriale in cui rientra la prestazione dovuta) deve valutarsi avuto riguardo alla natura dell’attività esercitata, si è al riguardo precisato che la detta adeguatezza deve valutarsi in ragione della diligenza media.
A tale stregua, se l’impegno dal debitore dovuto si profila superiore a quello del comune debitore, esso deve considerarsi come diligenza normale avuto riguardo alla specifica attività professionale dal medesimo esercitata, giacché il professionista deve impiegare la perizia ed i mezzi tecnici adeguati allo standard professionale della sua categoria, il medesimo valendo a determinare, in conformità alla regola generale, il contenuto della perizia dovuta, e la corrispondente misura dello sforzo diligente adeguato per conseguirlo, nonché del relativo grado di responsabilità.
Va allora ribadito che, in ragione della specifica natura e della peculiarità dell’attività esercitata, il debitore è tenuto a mantenere il comportamento diligente dovuto per la realizzazione dell’opera affidatagli, dovendo adottare (anche) tutte le misure e le cautele necessarie ed idonee per l’esecuzione della prestazione, secondo il modello di precisione e di abilità tecnica nel caso concreto richiesto.

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