Condanna penale per il dipendente: ciò non basta per legittimarne l’allontanamento

La condotta illecita extralavorativa del dipendente è, secondo i giudici, suscettibile di rilievo disciplinare solo quando sia idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto di lavoro

Condanna penale per il dipendente: ciò non basta per legittimarne l’allontanamento

Non basta la condanna penale subita dal dipendente per legittimarne il licenziamento. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 7793 del 24 marzo 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto tra ‘Poste Italiane s.p.a.’ e una lavoratrice con mansioni di impiegata addetta agli uffici interni, precisano che la condotta illecita extralavorativa del dipendente è suscettibile di rilievo disciplinare solo quando sia idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto di lavoro, tenuto conto delle specifiche caratteristiche della prestazione richiesta, del ruolo ricoperto dal lavoratore e dell’effettivo pregiudizio arrecato agli interessi morali e materiali del datore di lavoro.
Proprio ragionando in questa ottica, non sussiste automatismo alcuno tra condanna penale del dipendente e integrazione della giusta causa di licenziamento, dovendo il giudice valutare nel caso concreto la gravità della condotta e la sua incidenza sul rapporto lavorativo.
Rilevanti, ovviamente, i dettagli della vicenda oggetto del processo. In sintesi, la società ha appreso dai quotidiani locali dell’arresto della dipendente, risultata coinvolta in vicende di traffico e spaccio di stupefacenti, e poi ne ha appurato la condanna in Tribunale a quattro anni e quattro mesi di reclusione e 18mila euro di multa per detenzione a fini di spaccio di quantitativi (imprecisati ma consistenti) di cocaina, in più occasioni ed in tempi distinti da lei ceduti per la rivendita a terze persone.
In generale, il lavoratore deve astenersi da qualsiasi condotta, anche extralavorativa e potenzialmente dannosa, che sia in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o crei situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa stesso, o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto. Inoltre, la condotta illecita extralavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario azienda-dipendente, e tali condotte, ove connotate da caratteri di gravità, possono anche determinare l’irrogazione della sanzione espulsiva.
Ciò detto, correttamente non si è attribuita ai fatti già accertati in sede penale una valenza di gravità tale da ledere in modo irrimediabile, alla luce delle precipue caratteristiche della prestazione richiesta alla lavoratrice, la fiducia nel futuro corretto adempimento dell’attività lavorativa. In particolare, si è appurato che la lavoratrice, dopo i fatti commessi risalenti al 2011/2012, dalla metà dell’anno 2016 fino alla contestazione disciplinare avvenuta nel 2019 (dopo un periodo in cui era stata anche assente dal servizio per interdizione anticipata per gravidanza dal gennaio 2013) aveva ripreso le proprie mansioni di impiegata addetta agli uffici interni di ‘Poste Italiane s.p.a’, che si esaurivano nella lavorazione della corrispondenza destinata ai portalettere e nella tenuta della contabilità di eventuali incassi effettuati dagli stessi portalettere, senza contatti con il pubblico e senza alcuna responsabilità operativa e funzionale. Peraltro, la società era a conoscenza della vicenda penale fin dall’originario arresto del novembre 2013 e non aveva mai ritenuto di sospendere in via cautelare la dipendente.
Quanto alla gravità dei fatti, non sussumibile nel concetto di giusta causa l’episodio extralavorativo addebitato alla lavoratrice, atteso che gli episodi di spaccio contestati ed accertati sono stati ritenuti, in sede penale, di lieve entità, e che la lavoratrice non ha mai avuto altro incidente disciplinare né le sono stati addebitati altri inadempimenti, ed infine il ruolo lavorativo espletato, di natura meramente esecutiva e privo di visibilità, non può arrecare alcun pregiudizio all’immagine aziendale.

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