Decreto IVA: lumi sull’esclusione della restituzione dell’imposta non dovuta
Il riferimento è, in particolare, al caso di applicazione di un’IVA non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi accertata in via definitiva dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate

Laddove, a seguito dell’attività di controllo da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, il rapporto contrattuale venga riqualificato da contratto d’appalto di servizi a contratto di somministrazione di lavoro e, di conseguenza, recuperata l’IVA inizialmente esposta in fattura, non potrà darsi luogo ad alcuna restituzione dell’imposta.
Questo il principio fissato dall’Agenzia delle Entrate (risoluzione numero 50 del 3 ottobre 2025) per fornire chiarimenti sul cosiddetto ‘decreto IVA’.
Il riferimento è, in particolare, al caso di applicazione di un’IVA non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi accertata in via definitiva dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate, come, per l’appunto, nel caso in cui il rapporto contrattuale instaurato tra due parti venga riqualificato da contratto d’appalto di servizi a contratto di somministrazione di lavoro e, di conseguenza, venga recuperata l’IVA inizialmente esposta in fattura.
In generale, il ‘decreto IVA’ definisce attualmente il sistema di recupero dell’IVA indebitamente versata. In particolare, è consentito al soggetto passivo di presentare domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Previsto, però, anche il caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria: in tal caso, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa.
In altri termini, la citata disciplina del rimborso dell’IVA, nel rispetto della neutralità dell’imposta, garantisce al cedente e prestatore la possibilità di ottenere il rimborso dell’imposta inizialmente versata all’Erario. Tale possibilità è espressamente subordinata all’avvenuta restituzione al cessionario-committente dell’imposta indebitamente addebitata in fattura, imposta che lo stesso cessionario-committente deve aver restituito all’Erario a seguito di un accertamento definitivo.
Dall’Agenzia delle Entrate, comunque, ricordano che la restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale.
Così, per riprendere l’esempio citato, se, a seguito dell’attività di controllo da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, il rapporto contrattuale tra le parti venga riqualificato e conseguentemente escluso il diritto alla detrazione dell’IVA collegata alle prestazioni afferenti al contratto asseritamente ritenuto di appalto per invalidità del titolo giuridico da cui scaturiscono, non essendo configurabile una prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini IVA, non potrà darsi luogo ad alcuna restituzione dell’imposta.